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Una giornata a Panama City

Panama City

Una giornata a Panama City

È il 14 gennaio 2017, sono arrivato a Panama City dall’Italia la sera prima (13 ore di volo, con cambio a Madrid). Alle tre del mattino sono già sveglio (d’altro canto in Italia sono le 9 e ho dormito ben sette ore di filato).

Dopo una doccia  ristoratrice, sistemo un po’ i bagagli e archivio definitivamente i pantaloni lunghi (bermuda e polo sono più che sufficienti, qui la temperatura va dai 25° a poco più di 30° durante tutto l’anno).

Aspetto le sei per fare colazione,  whatsappando con mia figlia e mia moglie e guardando un po’ di televisione.
Che pacchia !!!!! Non altrettanto dicasi per la colazione, pane tostato e burro  (lascio perdere un’altra cremina arancione non meglio identificata), caffè e banana. Semplice ma tutto sommato sufficiente, specie dopo la polpetta malefica somministratami ieri dall’Iberia e ancora in fase di digestione.
Alle 6.30 il sole comincia a dare la sua luce e mi fiondo per strada, armato della mia splendida Nikon. L’albergo è a un solo isolato dal lungomare, che a  quell’ora del mattino è splendido. Una grande scritta “Panama” mi rassicura di non aver sbagliato posto, all’orizzonte molte navi alla fonda forse in attesa di passare il canale.

Panama City

Una grande scritta a Panama City

Il lungomare è molto curato. C’è una pista ciclabile e un’ampia strada pedonale. E’ sabato, molti fanno jogging, anche perché a quell’ora c’è una temperatura ideale (credo ci siano 25-26°), dopo farebbe troppo caldo. Palme, piante esotiche e fiori colorati rendono la passeggiata estremamente gradevole.

Lungomare di Panama City

Il lungomare di Panama City è molto curato.

Il Mercado de Marisco di Panama City

Dopo un quarticello d’ora di cammino sono già alla mia prima meta: el Mercado de Mariscos (Mercato del pesce).

Mercado de marisco - Panama City

Il Mercado de Marisco a Panama City

Splendido nella sua autenticità e testimone di una realtà quotidiana locale, non turistica. Ovviamente tantissimo pesce a me noto o sconosciuto, prezzi molto bassi. Quantità industriali di “aragoste vere”, non in vasca a 8$ la libra (circa 18$ al Kg). Mi sembra tutto molto fresco ed economico, non ci sono molti avventori. Sono l’unico turista presente.

Aragoste - Panama City

Le aragoste al Mercato del pesce di Panama City

Nonostante abbia la Nikon in mano, i venditori mi offrono tutti i tipi di pesce possibili e io gli chiedo solo il permesso di fare foto. Ai bordi del mercato, all’esterno, qualche ristorante dall’aria un po’ malconcia.

Mercato di Panama City

Il mercato del Pesce di Panama City

Mah, forse qui a Panama la ASL non esiste!!!! Vedremo stasera…

Casco Antiguo, la zona più famosa di Panama City

Altri dieci minuti di cammino e mi ritrovo in pieno Casco Antiguo, la zona più famosa di Panama City e sede della movida serale. E’ mattino presto e non c’è nessuno in giro. L’aria è fresca e tersa. Gli edifici in stile coloniale, dai colori pastello sono perfetti per le foto.

Casco Antiguo - Panama City

Casco Antiguo, la zona più famosa di Panama City e sede della movida serale

E’ tutto ben curato nelle vie principali, in quelle secondarie e nei vicoli un po’ meno. La Cattedrale è incartata, tranne il campanile di destra.

 

La Cattedrale di Panama City

La Cattedrale di Panama City

La piazza della Cattedrale è bella, caratterizzata da un bianco gazebo ottagonale al centro della piazza, che dopo cinque o sei gradini offre al viandante anche quattro panchine in pietra bianca. Un piccolo regalo al popolo da parte della nobiltà spagnola del settecento, che intorno alla piazza, oltre alla cattedrale, aveva costruito splendidi palazzi in stile coloniale, ora sedi di alberghi di lusso e del museo del Canal (chiuso ora, apre alle nove e mezza).

Continuo il giro mattutino nel Casco Antiguo e arrivo in uno splendido lungomare a semicerchio, con parapetto impreziosito da bianche colonnine e sullo sfondo il famoso ponte delle Americhe, vagamente somigliante al ferreo ponte di Brooklin. Sono le otto e mezza e qualche bancarella già sta aprendo svogliatamente, con ritmi tipicamente caraibici. La piazza di Francia è splendida, altrettanto splendido è il bianco palazzetto coloniale sede dell’ambasciata di Francia. Palme, aiuole fiorite e colori meravigliosi mi fanno dimenticare la stanchezza per il cambio del fuso orario (in Italia sono le due del pomeriggio).

Ambasciata di Francia a Panama City

A Panama City, nel Casco Antiguo, l’ambasciata di Francia

La chiesa di San Josè e qualche scatto “rubato” a Panama City

Continuando il mio giro, mi imbatto in una splendida chiesa del seicento (San Josè), aperta alla preghiera dei fedeli, con un mastodontico altare barocco in legno dorato, in tipico stile spagnolo. L’atmosfera è davvero mistica e anch’io mi raccolgo in preghiera per propiziare il mio viaggio appena iniziato. Poco più in là un monastero diroccato, direi anch’esso di origine seicentesca, è visibile solo dall’esterno. E’ molto suggestivo. Tanto suggestivo che un fotografo con una modella creola (a dir poco da schianto) lo ha scelto come sfondo per il suo servizio fotografico destinato non so bene a che cosa. Ne approfitto per rubare qualche scatto anch’io.

Una modella a Panama City

Scatti rubati a Panama City

 

Poi la modella si introduce in una piccola, precaria tenda nera, alta circa due metri, che agisce da spogliatoio della modella stessa. Ne esce cambiata d’abito (si fa per dire), con degli splendidi hot pants bianchi che esaltano ancor di più le sue lunghe gambe ambrate. Ha anche un viso e un sorriso splendidi. Insomma, non le manca proprio niente. Come diceva una nostra amica: “è tanto bella, ma forse puzza”.

Proseguo oltre e in una piazzetta ai bordi del Casco Antiguo, sul lungomare, vedo un altro piccolo gruppo dedito a un altro servizio fotografico (le prime ore del mattino sono le migliori per scatti limpidi). E’ una scena molto diversa dalla precedente, strana, che poi vedrò più volte, evidentemente frutto di un’abitudine locale: le foto alla donna incinta poco prima del parto, a volte da sola a volte con il compagno (presunto padre), col pancione ricoperto dal vestito, o con la maglietta alzata e pancione nudo. Sullo sfondo lo skyline dei grattacieli di Panama City, anche questo discutibile. Mah, che strano rito!!!!

Il museo del Canal e il Parco dell’Ancòn

Torno nella piazza della Cattedrale e dopo qualche minuto di attesa apre alle nove e trenta il museo del Canal. La visita non è interessantissima. Un po’ di foto, libri contabili, la scrivania dove fu firmata la cessione del canale dagli USA a Panama, modellini di navi, attrezzature per gli scavi. Molto interessante il palazzo, sede in passato di un Grand Hotel. Non credo valga i 5$ d’ingresso.

Andiamo avanti, nel mio programma personale c’era ora la visita del Parco dell’Ancòn, una collinetta al centro della città da dove si dovrebbe godere un bel panorama dell’intera città.

Mi avvicino ad un albergo nella piazza della Cattedrale e chiedo un taxi. Quello dei taxi a Panama city è un argomento molto particolare. Non hanno tassametro e il costo della corsa va contrattato in anticipo. Poveri turisti!!!! Specialmente quelli arrivati da poco come me.

La collina dell’Ancòn dista 5 o 6 chilometri dalla piazza della cattedrale (addirittura avevo pensato di farla a piedi, ma c’è una bella salita). Il taxi ufficiale dell’albergo (tipo auto a noleggio con conducente) mi chiede ben 20$. Non se ne parla proprio. Dopo un po’ arriva un taxi normale (quelli gialli, all’americana) e mi chiede 5$ per la stessa corsa. Ok, il tassista si chiama Ectore e ha molta voglia di parlare.

Mi chiede i miei programmi futuri e gli dico che nel pomeriggio vorrei andare alle chiuse di Miraflores (Canale di Panama). Bel posto, mi dice. Se vuoi ti ci porto io, aspetto che tu finisca la tua visita e ti riporto a Panama city. Prendo 10$ l’ora. Il tutto durerà un’oretta e mezza. Ok, ma perché non ci andiamo subito? L’importante è che ci siano navi in transito, altrimenti non ha senso vedere le chiuse senza traffico. In lontananza una grossa nave da crociera sta imboccando il canale. Ectore dice ci impiegherà circa mezz’ora per arrivare a Miraflores. Andiamo subito.

Miraflores

Miraflores non è solo una chiusa ma anche un luogo turistico. Un grosso building a 5 piani, grandi terrazzi che affacciano sul canale. 15$ l’ingresso, ma li vale tutti. Mentre sto arrivando al quinto piano con l’ascensore, arriva anche la nave nel bacino sud della chiusa e comincia il travaso dell’acqua, dal bacino più alto a quello più basso.

La nave è enorme, e, al quinto piano del mirador, sono più in basso degli ultimi piani delle sue cabine. Gli ospiti della nave sono affacciati ai balconi e alcuni ostentano cartelli inneggianti a Panama City. Saluti, baci a distanza, urla di gioia, insomma è una festa. Non ho mai visto una nave così grossa così da vicino, e spero di non vederla in mare vicina come ora (non più di 80 metri).

Gli altoparlanti del building Miraflores diffondono una voce che descrive in spagnolo le operazioni in corso. Alla fine vedo uno speaker con microfono a piano terra, tra l’edificio e la nave. Uno spettacolo vero e proprio. Quando i bacini, dopo un quarticello d’ora, sono allo stesso livello la chiusa si apre e la nave, trainata da cavi d’acciaio collegati a sei piccole locomotive, avanza lentamente. Le urla aumentano, la voce dello speaker accompagna con entusiasmo l’operazione, in definitiva un’americanata ma emozionante.

Gracias Panamà

Tra il pubblico vicino a me gente di tutte le razze, lingue e nazionalità. Bello, bello. Venire a Panama e non vedere questo non avrebbe senso. Chissà se un giorno capiterà anche a me di stare su un naviglio e attraversare il canale. Il mio cartello sarebbe “Gracias Panamà”, perchè a pensarci bene il canale rappresenta davvero un gran risparmio di tempo e di fatica!!!!

Al book shop del Miraflores acquisto una bella cartolina antica da mandare al mio amico Renato, che me l’ha chiesta per dare il francobollo a un suo cugino collezionista. La storia dei francobolli, che ovviamente non vendono al Miraflores, si rivelerà una vera e propria avventura, che poi vi racconterò.

Ancòn

Esco dal building ed Ectore è lì ad aspettarmi. Insieme andiamo ad Ancon (la collinetta). Alle pendici della collina ci dicono che è parco protetto e che quindi si deve lasciare la macchina e proseguire a piedi per circa 20 minuti. Lo facciamo insieme (anche per Ectore è la prima volta), è in leggera salita ma si fa. Il panorama è discreto, si arriva fino alla bandiera appunto in 20 minuti.

La vista è bella ma non entusiasmante. Insomma, si fa una volta e poi non si fa più, anche se c’è parecchia gente a farlo, compreso un ragazzo di una ventina d’anni che ci sorpassa baldanzoso dopo averci raccontato la sua storia studentesca e il suo programma di viaggio (è panamense e vuole girare l’intero stato in buona parte a piedi). La discesa è ovviamente più rapida e più piacevole.

Il Mall di Albrook

Quando siamo di nuovo nel taxi, chiedo a Ectore di accompagnarmi al Mall di Albrook (centro commerciale) dove devo acquistare una sim telefonica locale per non farmi rapinare da Wind (3€/minuto in chiamata, 1,5€/minuto in ricezione) e per dare il mio numero ai miei amici barcaroli panamensi. Al Mall arriviamo alle 12.30 (due ore e mezza di taxi, 25$).

Il centro commerciale è enorme, quasi come quelli di Dubai. Ovviamente ho fame e lì non c’è che l’imbarazzo della scelta. Alla fine spiedino di carne e contorni vari (tra i quali fette di banana fritta, ottime come dessert). Birra Panamà (ottima) – il tutto 12$. Acquisto scheda telefonica Movistar (16$) in uno dei chioschetti del Mall e tento di acquistare sigarette.

Ovviamente le tabaccherie non esistono. Al supermercato le hanno finite (hanno solo quelle mentolate). Mi dicono che un minimarket forse ce le ha. Trovato faticosamente il minimarket all’interno del centro commerciale, vista la difficoltà di acquistare sigarette, ne compro un bel po’ – i costi sono come quelli italiani, 5$ al pacchetto. Rientro in albergo con un taxi. Il primo mi chiede 7$ e rifiuto, il secondo ne chiede 5. Accetto e i due litigano, ma ormai mi sento esperto.

Un’altra avventura a Panama City

La corsa è abbastanza lunga e c’è un bel po’ di traffico. Alla fine mi accorgo che l’albergo è abbastanza vicino a una stazione della metro ma è anche ai bordi di un quartiere molto popolare e non del tutto rassicurante. Il tassista mi chiede cosa farò stasera e domani. Gli dico che domani vorrei andare all’isola di Taboga (l’isola dove Gauguin visse per un po’ e tentò di acquistare un terreno) e lui mi dice che è bene muoversi presto perchè bisogna stare all’imbarco con largo anticipo. Prenderebbe 10$ e ci diamo appuntamento per le 6.30 all’albergo.

Distrutto arrivo in stanza e mi riposo. Nel frattempo Spartaco (il mio amico che vive in barca alle San Blas) mi manda una e-mail con la lista della spesa da portare a bordo. Verso le 5 mi rimetto in cammino per il centro commerciale di Albrook (i supermercati sono piuttosto rari a Panama).

Questa volta voglio provare la metro: è vicina all’albergo, ma per i biglietti è una bella avventura. Il costo è davvero irrisorio (0,35$ a corsa), ma non è che si comprano i biglietti normali. Si compra una scheda (2$) che poi va ricaricata. Non ci sono ticket offices, il tutto va fatto con le macchinette, che accettano solo biglietti da uno o cinque dollari. Meno male che una guardia della vigilanza privata presente in stazione (una creola carina e gentile), mi vede in difficoltà e mi aiuta. L’operazione è piuttosto complessa ma alla fine, dopo un reciproco largo sorriso, riesco a infilarmi nella metro.

In preparazione per le San Blas

Ogni passo avanti è faticoso, ma ha il sapore di una conquista. E le avventure proseguono al centro commerciale e al supermercato. Da comprare c’erano anche due ricariche di Mas-Mobil, gestore ottimale alle San Blas. Nei chioschetti non ce l’hanno.

Un addetto alla sicurezza a cui chiedo informazioni, alla fine mi accompagna in un negozio dove li vendono e devo dire che sarebbe stato difficile arrivarci da solo. Al supermarket, tra le cose da trovare, a parte la farina integrale e la pellicola da cucina introvabili entrambe, c’erano nella lista “12 chulette ahumade imbustate 4 a 4”.

All’inizio credevo fossero delle salviette umidificate anch’esse introvabili. Poi, mostrando la e-mail ad una impiegata del supermarket che stava sistemando merce sugli scaffali, scopro che si trattava di “braciole di maiale affumicate”. Chi lo avrebbe mai detto!!!! Fatta la spesa (circa 25 kg di roba, inclusa una boccia di prosecco italiano per festeggiare il mio arrivo), torno in metro in albergo, deposito nel frigo dell’albergo le chulette ahumade (con grande sghignazzo della portiera che, se il mio spagnolo non m’inganna, dice che se le sarebbe mangiate il giorno dopo a colazione) ed esco per la cena.

Una pizza “particolare”

A pranzo ho mangiato carne, stasera non ci starebbe male una pizzetta, tanto quella la fanno in tutto il mondo. Intorno all’albergo ho visto parecchi localetti, può darsi che qualcuno faccia anche pizza. Macché. Alla fine, in un negozio cinese nel quale trovo la pellicola da cucina, ma non la farina integrale, mi indicano una pizzeria non lontana ma neanche vicinissima. Loro dicono dopo due semafori, in effetti erano tre, di una strada molto larga, un po’ buia e non del tutto rassicurante (anche alcune lucciole non volanti ogni tanto – peraltro bruttine assai).

Trovo il locale, gestito anch’esso da cinesi. La più piccola pizza è enorme, non consigliabile per una persona sola, quindi ripiego su una specie di calzone al forno che devo dire, alla fine, non era neanche male. Soliti italiani: pizza e spaghetti anche ai tropici!!!! Al momento del conto mi chiedono se sono “jubilado”. E che vor dì? Vuole dire semplicemente “pensionato” perchè a Panama i pensionati hanno uno sconto su tutto!!!! Dico di si (anche se la cosa credo valga solo per i pensionati dello stato di Panama) e mi fanno lo sconto del 15% (6,5$ anziché 8). Hai capito???? Che paese Panama !!!! Alle 10 di sera, distrutto, vado a ninna. Beh, come prima giornata non mi posso lamentare.

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